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La Conquista di Roma 57

era un cliente di tutto l’anno. Proprio in quel momento aveva finite le cravatte bianche: ma il Salvi, qui, in Piazza di Sciarra, ne doveva avere. Il marchesino biondo ascoltava, un po’ indolente, con gli occhi azzurri femminili un po’ smorti fra le palpebre, e il sorrisetto scettico.

«E la signora marchesa era in Roma, si recava naturalmente al Parlamento?».

«Sì..., credo», rispondeva l’onorevole marchese, «credo che vi andrà con sua sorella. Sono uscito presto di casa, per questa cravatta. Che fastidio, sempre, queste rappresentazioni...».

E stracco, come se avesse compiuta una gran fatica, e un’altra insopportabile gliene restasse da fare, se ne andò.

«Da questo Salvi, dite?» domandò dalla porta, con una voce seccata.

«Salvi, in Piazza Sciarra».

Per un momento, la bottega restò vuota. Le giovanette si riposavano, in piedi, con un pallore sul volto, fra le scatole aperte dei guanti e i fasci ammucchiati sul marmo; la stessa padrona era presa da un minuto di lassezza, immobile, appoggiata con le mani al banco. Le pareva di essere in una di quelle ardenti sere

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