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La Conquista di Roma 285

del ministero, passa all’ordine del giorno, — Francesco Sangiorgio.»

Nel rapidissimo minuto di silenzio, si udì, chiaro, nitido, pronunziato dall’on. Schuffer:

— Perdio!

Poi sorse un tale vocìo, così alto, così irrefrenabile, che per cinque minuti il presidente scampanellò invano. Si discuteva nell’aula, sulle scale, nell’emiciclo, nei banchi, nelle tribune, dapertutto: le signore, da quella diplomatica, guardavano, guardavano, prese forse anche esse da un tremito nervoso.

E il forte e onesto uomo, che era ministro dell’interno, aveva ricevuti nel petto, senza muoversi, i colpi dell’onorevole Sangiorgio, quasi ammirando la forza del suo avversario: solo, verso la fine, come lo scioglimento di quella posizione si approssimava, un dubbio crescente lo assaliva. Dopo quell’attacco così vigoroso, fatto dal centro, da un ministeriale, da un uomo che aveva mostrato aver tendenze democratiche, la situazione era così grave, che solo la parola del presidente del consiglio poteva chiarirla. La difesa spettava al più vecchio, al capo, all’antico parlamentare. E un sospetto, sì, un nuovo