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La Conquista di Roma 163

vedova il bimbo si era addormentato, un silenzio regnava. E miserie vere o false miserie, desiderii di cervelli oziosi, o pii ferventi desiderii di anime laboriose, necessità in cui il vizio ha fatto precipitare o infortuni immeritati, ambizioni modeste, fantasticherie di nervi esaltati, sete di giustizia di mattoidi ostinati: tutta questa intima pena umana, sopportata in silenzio, si confondeva in un senso di oppressione, di mestizia, in un sentimento di abbandono, in un rammarico sconsolato di essere venuti là, un’altra volta, a picchiare a quella porta che non voleva aprirsi. Già ardevano le fiammelle del gas, vivamente, ma battevano sopra facce scomposte, in una prostrazione, in una immobilità di gente morta. Tre uscieri vennero fuori dalla porta, uno dietro l’altro:

«Chi ha chiesto l’onorevole Sella?»

«Chi ha chiesto l’onorevole Bomba?»

«Chi ha chiesto l’onorevole Crispi?»

«Io, io, io,» rispose la vocina piccola dell’uomo scheletro.

«L’onorevole Sella non può lasciar l’aula».

«L’onorevole Bomba è occupato nell’aula».