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78 per monaca


gambe levate, chi ha un po’ di vogla di prender la vita allegramente. Una, troppo pretenziosa per i titoli di nobiltà; l’altra, inesorabile sulla questione della pietà religiosa; la terza pretende che si viva insieme; la quarta esige che si vada in provincia; una ha un capriccio, un’altra ha una fissazione, a questa non piacciono gli uomini biondi, quella là detesta la persona magra: addio matrimonio! Ve lo assicuro, care amiche, quelle che hanno ancora la madre e arrivano a maritarsi, compiono un’opera meravigliosa. —

La brutta ragazza, già di trent’anni, magra, sgraziata, con le guancie scarne, malamente colorite con un rossetto che componeva ella stessa, — una delle sue stravaganze, — restò piantata in mezzo alla stanza con aria trionfale. Le amiche sue abbassavano il capo, senza risponderle, sorprese da un grande senso di pena, urtate nei loro buoni sentimenti, urtate nel rispetto della maternità che esse avevano. E pensavano alla tragicommedia quotidiana di casa Doria, una madre che aveva troppo amato il lusso e i piaceri e aveva confinato Anna sino ai vent’anni, in una specie di adolescenza oscura, una madre a un tratto datasi alla vita austera, con tutti i difetti dell’età matura, l’avarizia, la bigotterìa, la cocciutaggine, l’intolleranza: e di fronte, ogni giorno, la ribellione di Anna, Anna la pazza, che litigava con la madre, violentemente, per tutto, che si sentiva brutta e se ne vendicava, essendo sgraziata, che si sapeva antipatica, e se ne vendicava, facendo delle malignità a tutti, ma più di tutti a sua madre, alla vecchia bestia, come la figliuola la chiamava. Sì, tutte soffrivano per le brutali parole che Anna