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86 fantasia

rola spagnuola Nada, il suggello di cornalina sul quale si ripeteva il motto dell’inginocchiatoio, il ferma-carte che era un bambinetto di porcellana, in camicia, il nettapenne fatto di panno nero ricamato di bianco come se fosse un mezzo-lutto: tutti questi gingilli fantasiosi, che ella aveva raccolti sulla scrivania, erano oggetto delle sue cure. Perdeva mezz’ora intorno alla scrivania, con le dita che si rallentavano nel loro lavorìo, con le spalle che si curvavano nella contemplazione, con la immaginazione che volava, volava pei cieli.

Poi, dopo la scrivania, veniva un ritratto in fotografia, in una cornice di felpa rossa, sospeso al muro: il ritratto di Caterina. Sotto, in una mensoletta a coppa, come una piletta d’acqua santa, un mazzettino di fiori, ogni giorno rinnovato. Caterina guardava l’amica coi suoi occhi buoni e sereni: tutta la fisionomia aveva quella sua espressione di riflessione un po’ fredda. Lucia salutava Caterina ogni mattina strisciando con la tela sul cristallo e mormorando: beata te, che non sogni, beata te, che non sognerai mai! Appresso, sopra un piedestallo piccolo, attaccato al muro, un gruppo di terra cotta, piccino, di Mefistofele e Margherita. La innamorata e colpevole fanciulla è inginocchiata, in una posizione convulsa, le braccia irrigidite, le mani che stringono il libro di preghiera senza poterlo aprire, il petto anelante, le spalle che affogano il collo, la faccia stravolta, la bocca storta pel grido di orrore che ne sgorga: Mefistofele le è alle spalle, alto, scarno, diabolico, possente nel sogghigno, tenendole la mano