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334 fantasia


— Mai più sarò lieta.

— Lucia, vuoi ch’io ti sgridi?

— No, no: non parliamone più.

— Se tu devi andare alla tua chiesa, non hai che il tempo.

— Mi mandi via, Alberto?

— È mezzodì: fino a che arrivi lassù, a Santa Chiara... anzi se ci vai più presto, ritorni prima.

— ... è vero, ritorno prima. Debbo andare, nevvero?

— Certo. L’aria ti farà bene. Va a piedi: anche il cammino ti gioverà.

— Tu che farai intanto?

— Ti aspetterò.

— ... mi aspetterai?

— Sì: forse dormirò, sulla poltrona.

— Hai le mani calde, Alberto?

— Ma no: senti.

— Dolore al petto, ne hai?

—Niente: solo qualche puntura nelle costole, così, vagante: punture meccaniche, come dice il medico.

— Ma che pensi? Non vedi che sto meglio? Iermattina ho tossito dieciotto volte: stamattina, diciasette. Vi è una migliorìa.

— Alberto, mio, possa tu avere la salute!

— Ma sì: diventerò forte come Andrea. Ah, quel birbone di Andrea! Stamattina l’ho mandato a chiamare, ma non è venuto. È sempre in giro, lui: può uscire, malgrado il freddo. È fortunato Andrea.

Ella stava a sentire, con gli occhi abbassati, con le braccia pendenti.