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parte quarta 303

salendo al minimo rumore. Verso le due, venne Andrea pian piano: era vestito, non si era coricato ancora, aveva fumato un sigaro.

— Come sta? — chiese sottovoce a sua moglie.

— Mi pare meglio: non si è mai svegliata: solo ha sospirato tre o quattro volte, come se fosse oppressa.

— Che orribili convulsioni!

— Ne aveva anche in collegio, ma erano meno forti.

— Tu perchè non vieni a dormire?

— Non posso, Andrea: questa poverina non la lascio sola.

— Resto io.

— Non conviene, sai.

— Hai ragione. Ma l’aranciata non me l’hanno fatta.

— Vi debbono essere gli aranci e lo zucchero in camera... ma sarà meglio che vada io: resta qui un momento; ora ritorno.

Allora egli s’inginocchiò presso il divano, mettendo la sua testa accanto a quella di Lucia. Ella si risvegliò dolcemente, non mostrò meraviglia, gli si appese al collo, lo baciò.

— Portami via — disse.

— Vieni, amore — e fece per sollevarla.

— Non posso: muoio, Andrea — e chiuse gli occhi.

— Domani... — disse egli vagamente, temendo di vederla ricadere nella convulsione.

— Sì, domani, mi porterai via, lontano, lontano...

— Lontano, lontano, fiamma mia...

Tacquero. Ella parve udisse qualche rumore impercettibile, poichè gli disse, senza aprire gli occhi: