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parte quarta 291

voce. Vuoi che ti prenda e ti porti via, qui, sulla strada maestra?

— Sì, sì, sì: portami via. Questo voglio, che mi porti via.

Lo provocava con l’occhio, con le labbra, col piedino che si strofinava contro quello di lui.

— Abbi compassione di me, amore mio. Vedi che muoio.

Per breve tratto tacquero. Egli guardava innanzi a se, per non cedere alla tentazione, mordendosi le labbra. Ma vi ricadde, a guardarla di nuovo: ella gli sorrideva con le labbra stirate che mostravano i denti, un sorriso tutto febbre, tutto carezze.

— Quanto sei cara! Perchè ridi?

— Non rido: sorrido.

— Alle volte, Lucia, mi fai paura.

— Paura di che?

— Non so: non ti conosco e sei tanto padrona di me, sono tanto tuo, tanto schiavo di te, che mi spaventi.

— Non dicesti di essere pronto a tutto?

— Sì: te lo dico ancora.

— Bene. Prepara il tuo coraggio.

Ella era diventata seria, la fronte tagliata da una grande ruga, le sopracciglia corrugate, l’occhio cupo.

— O non dirmi queste cose, non tormentarmi, non essere così severa. Sorridi come prima: sorridi, te ne prego.

— Non voglio sorridere — disse Lucia, duramente.

— Se non sorridi, butto la carrozza su quel mucchio