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parte terza 185

cosa tanto difficile, e la sua amica ne avrebbe avuto tanto piacere. Ah... bisognava ricordarsi di scrivere a Napoli per avere del buon the, del the Souchong, poiché Lucia aveva dichiarato che dal settembre in poi, alla sera, non prendeva che il the: il caffè le eccitava troppo i nervi. La questione era se dirigersi da Caflisch o da Van Bol, per questo the; bisognava domandarne ad Andrea che era più pratico.

— Signora Lieti, vuol venire a votare? — interpellò dolcemente la principessa Caracciolo.

Caterina, senza troppo sapere quello che si facesse, scrisse un nome a caso sulla sua scheda, l’arrotolò, e andò a deporla nella coppa di cristallo. Se ne tornò al suo posto guardando il suo orologetto d’oro. Si faceva tardi: erano lì da tre ore, a perdere tempo.

Altrove, a casa, per esempio, lo avrebbe occupato utilmente. Era arrivata la lavandaia con un bucato immenso, e Caterina non lasciava passare la roba alla stiratora senza rivedere pezzo per pezzo dove mancassero i bottoni, dove si fosse staccato un nastro, dove si fosse sfilata una guaina. La biancheria era nuova, ma ella sospettava che la lavandaia adoperasse la potassa, per certi bucherelli che aveva trovato nelle camicie di tela d’Olanda. Glielo aveva già detto, ma colei aveva giurato che di questi pasticci non ne faceva e che adoperava tutto ranno forte e sapone.

Nella riunione vi fu movimento. Il risultato della votazione era incerto: vi era stata una dispersione di voti strana. Ognuna di quelle signore pareva avesse dato il voto a se stessa o alla vicina di fianco, senza