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parte seconda 149

bile apostolato. Noi non avremo figli, Caterina. Sarebbe una infamia, una ferocia mettere al mondo creature deboli, dando loro polmoni infermi perchè crescano meschini e tristi, perchè nel più bello della gioventù sputino sangue e maledicano il seno che li ha concepiti, il latte che li ha nutriti, perchè agitino le braccia scarne e desolate in faccia al padre o alla madre, chiedendo loro conto della vita miserabile, della pena immeritata che li condannarono. Io ho letto Un giorno a Madera di Paolo Mantegazza. Vi è un’alta passione e un’alta saggezza. Quel libro mi ha fatto piangere e pensare. No, le teste bionde non si poseranno sulle mie ginocchia materne: gli occhioni bruni non si affisseranno nei miei, pieni di luce. Mi sarà negata la consolazione dei figli, o amica mia. Questa consolazione sarebbe un delitto, un atroce delitto.

«Melanconico è l’avvenire. Non so quello che sarà di me. Certo, Dio mi darà la forza per sorreggermi in tanta necessità di forza. È pel mio caro ammalato, è per quella povera anima trafitta che io debbo vivere. Non mi ammalerò, spero. Dio non vorrà darmi il dolore di farmi morire prima di Alberto: io gli servo, ha bisogno di me, gli sono necessaria. Dio non chiama a sé, prima del tempo, coloro che hanno una missione sulla terra. Mi sento così esaltata da questo pensiero, che le mie forze mi paiono triplicate.

«D’altra parte, Caterina, è necessario che io esca di casa mia. Mio padre male mi sopporta, e volentieri mi avrebbe lasciata in collegio, se non avesse temuto quella tal voce del mondo, di cui ti ho già detto. Egli