gnava di parlare con quella sua voce gravemente musicale, che aveva qualche
cosa d’intimo e d’affettuoso: Sofia si degnava di sorridere con quel
bel sorriso che correggeva la purezza statuaria dei lineamenti;
Gaetano si sentiva penetrato da una grande pace, da una soddisfatta
tranquillità. Egli godeva di mille piccole cose; le affusolate e
bianche dita di Sofia, adorne di un anellino con turchesi che egli le
aveva donato, volavano sul canevaccio come farfalle bianche; quando la
lana finiva, nell’ago, essa la spezzava con un colpo netto delle
graziose e lucide forbicine; quando un fiore si doveva incominciare,
egli era chiamato a dare il suo parere sulle gradazioni e sulle mezze
tinte; spesso la fanciulla lasciava andare in grembo il lavoro e si
distraeva a discorrere con lui, lentamente, accentuando le parole solo
con lo sguardo. Gli diceva che la sera avanti, sull’imbrunire, era
uscita al balcone, e che aveva visto nella strada tanta gente; subito
aveva pensato a lui, sagrificato in una camera buia, sopra un libro
mastro, in compagnia delle cifre, e lo aveva compatito; gli diceva che
se l’altra domenica fosse uscito un gaie sole, sarebbero andati tutti
e tre a passeggiare nel bosco di Capodimonte; essa gli avrebbe
indicati certi bellissimi viali, certi alberi vecchi vecchi e che
avevano l’aria molto buona; gli diceva che aveva letto il tale libro,
che le era piaciuto, specialmente un certo punto: prendesse il libro,
era sul tavolo, lo aprisse a tale pagina, leggesse ad alta voce, ed
egli obbediva sorridendo; leggeva con enfasi, comprendeva più col
cuore che con la mente; ella lo ascoltava,