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mosaico. 243

le onde brune e fosforescenti, prestando orecchio al misterioso ritmo del più giovane poeta: il mare.

Cade il giorno in Pompei; ma ad onta della sua solitudine, delle sue rovine, della sua morte, la città non è triste. La giovane coppia passeggia ancora, ma la signora lascia trascinare sulle pietre di lava il suo lungo abito, la persona stanca si lascia un po’ portare dal braccio del giovanotto; egli si china ogni tanto a parlarle, sotto voce, sorridendo, guardandola negli occhi — perchè si amano. La guida spiega con voce monotona le antichità; ma dalla persona gentile della donna si stacca un sottile odore di violetta, i cappelli biondi si disfanno nella grossa treccia, l’ombrellino sfiora le pareti dipinte ad affresco, una mano inguantata, lunga, leggiera si è poggiata sul simulacro d’Iside, e lui preferisce quella manina a mille volanti danzatrici greche. Partono; cade il giorno — e Pompei, la città delle belle donne, dei profumi, dei giocondi amori, si fa triste.