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trenta per cento 199


— Oh si fa presto! — disse il bel giovanotto con grande noncuranza.

Voltò la pagina, e con un gesto rapido lacerò dal dorso la ricevuta sbagliata, facendone una pallottolina.

— Voi lacerate un libro commerciale? — domandò il professore terrorizzato.

— Bè? — chiese l’impiegato, con impertinenza.

— Niente — fece il professore, per andarsene.

Allora l’impiegato cacciò il capo dallo sportello e disse voce chioccia:

— Prego questi signori per cinque o sei minuti di pazienza. Ora ritorno.

Vi fu un mormorio di malcontento. E fu visto da tutti il bel giovanotto spiegare sul tavolino il suo fazzoletto di battista, profumato, dall’orlo trapuntato a giorno, e mettervi dentro, alla rinfusa, tutte le carte-valori, inzeppandole, stringendole, mentre quelle sbucavano da tutti gli angoli.

Gliene caddero tre o quattro per terra, e lui o non se ne accorse, o finse di non accorgersene, andandosene. Intanto, l’altro impiegato, in uno strofinaccio grande ma sporco, riuniva tutte le monete, oro e argento, lasciando quelle di rame, disprezzate, in un cantuccio. I due impiegati scomparvero dietro una porta: parve fossero inghiottiti loro e il tesoro dei depositanti. De Peruta li vide sparire: e se ne andò, disperato per quel denaro scomparso, inabissato, sparito.