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ora arrabbiandosi, cedendo alla sua nervosità di essere infelice e infermo: quelle ragazze erano indomite nella chiacchiera e in fondo non lo temevano poichè egli era nervoso, ma buono come un fanciullo, poichè timido, e malaticcio, e sofferente, non sapeva farsi rispettare da quelle ragazze popolane, impertinenti. Egli non vedeva l’ora che la lezione finisse, per andarsene, per correre al palazzo Faucitano, per depositare quel denaro delle sorelle Fasulo, per non udire più parlare di quella banca, la cui audacia finanziaria, la cui equivoca avventura turbavano la rigidità di una coscienza, che non aveva mai mancato, che non aveva mai transatto.

Ah fu ben felice, quando suonarono lo undici e le fanciulle, vedendolo alzarsi, si alzarono tumultuosamente, salutando in coro, con un altro pretesto per far chiasso:

— A rivederla, professore! A rivederla, professore!

Ora correva per la via, sentendosi opprimere da quel portafoglio nero, sentendosi come perseguitato da quel denaro malaugurato. L’ampiezza del cortile, nel palazzo Faucitano, e la bella scala lo rincorarono. Era giunto in porto e fra dieci minuti sarebbe liberato da quel tormento, avrebbe potuto fare una passeggiata, tranquillamente, per poi andare a studiare alla Biblioteca Nazionale per una sua critica della storia, un lavoro duro, diffi-