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4 vade retro, satana

celeste d’oltremare, simile a quello dell’acqua nel Lago di Garda. L’arteria del collo batteva forte; le mani delicate si stringevano febbrilmente; i capelli biondi, cacciati indietro dal vento, coprivano la chierica. E intanto le nubi si agglomeravano, s’aggomitolavano, quali onde di una burrasca fantastica. Era un lago, che, riempiendo tutta l’ampia vallata, urtava contro la corona dei monti, come se volesse rovesciarne le roccie, i boschi, i ghiacciai per inghiottire ogni cosa nel proprio fondo, nero più d’una tomba. Si vedeva quel fondo a intervalli qua e là secondo gli scherzi del turbine, quando nei flutti delle nubi s’apriva uno squarcio; e allora l’occhio piombava dentro nella valle, dove lampeggiavano i fulmini, mentre sul dorso ai mucchi bianchi dei densi vapori le saette sembravano appena scintille. Uno dei buchi tenebrosi lasciò indovinare il villaggio di Cogo; poi quel baratro si chiuse, e se n’aperse un altro di lontano, che mostrò per un istante la torre del castello di Sanna.

E il prete guardava sospirando, sempre coi pugni stretti. Sul davanzale aveva lasciato aperto il Breviario, che il vento si divertiva a scartabellare. Ma il vecchio Menico, il quale stava da un po’ di tempo borbottando dietro il curato, prese il libro con un certo suo gesto dispettoso, lo chiuse e lo depose sulla scrivania. Poi, raccogliendo le carte, che il vento aveva sparpagliate sul suolo, disse ad alta