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vade retro, satana 39

tosto si rasserenò, si mise a sedere e a leggere. La lettera era della signora Carlina, la moglie del dottore.

Reverendo signor curato,

Ho bisogno di tutta la pazienza, di tutta la indulgenza del suo cuore. Il mio buon Don Giuseppe si è mostrato in questi mesi tanto dolce verso di me, ch’io non esito ad aprirgli la mia anima intera, con le sue tristezze, i suoi dubbii e le sue paure. Mi pare anche di non agire come dovrei; ed ella mi rimproveri o mi conforti, ma sopra tutto mi consigli, giacchè la mia esperienza è così piccola e la mia natura, pur troppo, così timida, ch’io non solo non so risolvermi a operare, ma spesso non distinguo bene quale sia il cammino da scegliere. Mi compatisca, signor curato.

Ho diciott’anni compiuti: dovrei essere quasi una matrona: però sino a tre mesi addietro, sino al giorno del mio matrimonio, io era vissuta come una bambina, fra mio padre, ottimo uomo, ma severissimo, e mia madre, donna tutta di casa. Non si vedeva nessuno, io non aveva passione per la lettura; ricamava, teneva i libri di cucina volentieri, mettendo nell’arte della cuoca, massime ne’ piattini dolci (bisogna, Don Giuseppe, ch’ella venga ad assaggiarne uno il primo giorno che avrà tempo. S’intenda con Amil-