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240 il demonio muto

cannonate d’una finta battaglia; la banda musicale di Salò, che soffiava e batteva a tutto andare; il popolo, che riempiva le piazze e le vie, ilare, chiassoso, vestito da festa, con fazzoletti da collo e scialli d’un rosso scarlatto.

M’è venuto il ghiribizzo di andare incontro anch’io al nuovo Curato, che faceva il suo ingresso trionfale. Appena mi ha visto è sceso dalla carrozzetta, dove stava con il Sindaco. Ha voluto per forza che mi appoggiassi al suo braccio, e così a piedi siamo andati insieme fino al piazzale della chiesa, in mezzo a due fitte ale di popolo, che salutava rispettosamente. Il curato rispondeva ai saluti con pronta affabilità. Ha i bei capelli folti tutti d’argento, che gli circondano il capo come un’aureola; gli occhi azzurri limpidi, d’una soavità da fanciulla; i denti bianchissimi e perfetti. Veste pulito, quasi accurato. Parla con una dolcezza semplice, profonda, affettuosa, che affascina. È, dicono, il più virtuoso prete della diocesi di Brescia: dà tutto ai poveri: mangia polenta, cacio, latte soltanto; ma nasconde la sua carità e la sua povertà volontaria sotto un aspetto di persona studiosa e gentile. Mi ha detto: — So ch’ella, signor Carlo, è il più vecchio e più savio uomo di questi monti. Permetterà ch’io venga a discorrere spesso con lei e che mi chiami suo amico. Il maestro di scuola si è avanzato per leggere, balbettando, la sua poesia; una fanciul-