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vade retro, satana 19

il curato lo sapeva bene, non aveva voluto ingerirsi nè con la sua chiesa, nè con la sua persona in così fatta commedia. Dall’altro canto la caccia dell’orso aveva lasciato nell’animo del prete un rimorso non piccolo. S’era imbattuto un inverno anch’egli fra le nevi in un orsacchino da poppa; aveva pigliato l’orsacchino e, picchiandolo un poco, l’aveva fatto guaire, perchè l’orsa, che non poteva essere lontana, lo udisse. Venne in fatti, e precipitò furibonda, mentre il prete mirava attento e colpiva giusto. L’orsa, ferita a morte, si trascinò accanto al suo piccino, che continuava a guaire, e lo leccava in atto d’infinito amore. Il prete tornò a casa pensieroso, lasciando nel bosco la madre morta e l’orsacchino libero.

La sera scartabellò i volumi della sua piccola libreria per conoscere se l’inganno è innocente quando si volga contro le bestie feroci; ma non gli riescì di raccapezzar nulla che facesse al suo caso: solo nel secondo volume del Gury, Compendium Theologiae moralis, trovò che al sacerdote è lecita la caccia non clamorosa cum sclopeto et uno cane. Non trovò altro; ma non potè mai dimenticare la generosa, e sviscerata passione di quella madre morente, e, ripensandovi, sentiva nel cuore uno stringimento.

Ripetè ancora al dottore: — Andiamo — ed uscirono, allontanandosi dal frastuono del villaggio in festa.