Pagina:Senso.djvu/147


santuario 145


uno sguardo così audace e lungo che io rimasi turbato. Quella sfacciataggine non s’accordava coi lineamenti soavi del volto, nè coll’abito della bella persona. Aveva il capo chiuso in una specie di cuffia bianca e il vestito di colore azzurro; un grembiule candido le si annodava alla vita sottile e contornava i fianchi e si alzava a coprire la curva del petto, sulla quale scendeva, appesa ad una fettuccia di velluto nero, una croce d’argento. Mentre io guardavo la strana fanciulla dalla testa ai piedi, ella, immobile, impassibile, continuava a fissarmi. In quello sguardo dritto e fiero c’era qualcosa di tanto singolare, ch’io, che già tremavo dal freddo, mi sentii rabbrividire.

Il servo, nel vedere la donna, non si scompose, ma le disse dolcemente: — Signora, piglierà un raffreddore; venga con me — e, pregandomi di aspettarlo due minuti, la accompagnò lungo il lato destro del portico.

Ella lo seguì sommessa, senza voltare il capo. La lanterna che, ad intervalli regolari, spariva per un istante dietro alle colonne delle logge, allontanandosi e diventando sempre più smorta, s’andò a perdere in una vasta ombra, che mi parve quella d’una chiesa. E mi sembrò che dall’ombra cupa uscisse un suono flebile e dolce.

Quando il servo tornò, gli domandai:

— Cantano in chiesa?

— Le Figlie di Gesù pregano la Madonna.