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Diverso è il grado di cognizione che abbiamo della lingua della letteratura greca ed indiana. Da più di quattro secoli lo studio del greco ha preso radice nelle scuole d’Europa, cosi che pochi fra i cultori delle scienze ne sono intieramente digiuni; invece da poco più d’un secolo il sanscrito ha chiamato a se l’attenzione di un limitato numero di dotti specialisti. La letteratura dei Greci ci fu tramandata in opere di provata antichità, delle quali per lo più è possibile fissare la data entro pochi decenni; quella degli Indiani, come oggi la conosciamo, ci presenta una massa di scritti, o di epoca comparativamente moderna, o di tempo incerto nei limiti di più secoli. In mezzo a queste difficoltà, che solo accenniamo leggermente, il paragone della letteratura greca coll’indiana è qualche cosa di mal sicuro, e tuttavia è troppo importante perchè sia permesso di trascurarlo affatto.

La possibilità di un influsso reciproco delle antiche culture greca ed indiana si deve oggi ritener come dimostrata. Già nel secolo XVII prima di Cristo troviamo in un testo egiziano chiamata Kafu la scimia in corrispondenza coll’indiano Kapi1. Il nome tuki, impiegato dagli Ebrei del tempo di Salomone per designare il pappagallo, appartiene alla lingua tamulica2. Questi sono indizi di antichissime relazioni fra l’India e l’Egitto, fra l’India e le Fenicia. Le spedizioni d’Alessandro,

  1. Alb. Weber, Akademische Vortesungen über indische Literaturgeschichte. 2° Auflage (Berlin, 1876), p. 3 nota 2. Citeremo sempre quest’opera coll’abbreviazione: Weber, Literaturgesch. Le nostre trascrizioni di parole sanscritte saranno sempre fatte secondo le regole osservate dal Weber.
  2. Burnell, Elements of South Indian Paleography (Mangalore, 1874), p. 5, nota 1.