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considerazioni 187

Sirio.

ὁ ἐν τῷ στόματι λαμπρότατος καλούμενος κύων καὶ ὑπόκιῤῥος.

Quae est in ore in ultimate luminis: et dicitur canis et est asehere alimeni alahabor1.

L'étoile qui est sur la bouche, très brillante, nommée le chien ou al-schira al-jamanija ou al-habur.


Il paragone dei tre testi dimostra che Gerardo ebbe alle mani un manoscritto arabico imperfetto2, o che ei non seppe interpretarlo a dovere. Tuttavia è evidente che le espressioni curiose trahit ad aerem, tendit ad rapinam, qualunque sia l’origine dell’errore che le ha prodotte, debbono considerarsi come rappresentanti il tire sur le ronge del traduttore d’Alsûfi, e l’ὑπόκιῤῥος di Tolomeo. Ciò ammesso, risulta manifesto, che in ambidue gli esemplari dell’Almagesto usati da Alsûfi (950 di Cristo) e da Gerardo di Cremona (1175 di Cristo) esisteva l’indicazione del color rosso per le quattro stelle Aldebarano, Antares, Polluce e Beteigeuze3; e che in ambidue mancava tale indicazione per Arturo e Sirio. Questo parallelismo non può essere opera del caso, e ci conduce a concludere, quei due esemplari esser derivati da una fonte comune assai antica, in ogni caso anteriore ad Alsûfi (nato nel 903 morto nel 986), la quale potrebbe anche essere la versione di Thebit ben Korra (nato nell’836, morto nel 901).

Questa discordanza degli antichi testi arabi dal testo greco oggi ricevuto può spiegarsi in due maniere. Può esser infatti,

  1. Vedi la memoria di Knobel, Note on the Descriptions of two stars in Ptolemy’s Catalogue. (Monthly Notices, vol. XLV).
  2. Chi ha avuto occasione di leggere autori arabi nelle versioni mediovali (che spesso sono le sole esistenti) non si maraviglierà di questo. La mancanza di punti e la facilità di scambiare una lettera con un’altra han prodotto frequentissimamente di simili controsensi nell’interpretazione dei vocaboli comuni. Quanto ai nomi propri, le trasformazioni avvenute in questo modo sono quasi incredibili e lo sanno per prova quelli che si sono occupati di proposito della geografia degli Arabi.
  3. La stessa cosa ha Ulugh-beg nel suo Catalogo, siccome ha notato See a p. 383 del volume XI del periodico Astronomy and Astrophysics. Si vede che l’Almagesto usato dal Principe Tartaro è derivato dalla stessa fonte che quelli usati da Alsûfi e da Gerardo di Cremona, malgrado che Ulugh-beg sia vissuto molto dopo di questi.