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L’ALBUM


I.


Caro lettore, o leggitrice cara,
     Se gli occhi ce l’avete per mirare,
     Venite meco, ma non fate a gara.
     Avrete tutti il tempo d’osservare,
     I ritratti, che mostro, se volete,
     Per sempre trattener ve li potete.
Ma lasciate però, ch’io d’ognun dica
     Quel che mi pare, o quel che leggo in volto.
     La Musa mia sarà sempre pudica
     E nello scherzo, e nel parlar suo sciolto,
     Dopo d’avere un po’ scarabocchiato,
     D’altre forbici anch’io sarò tagliato.
Ma non credete, no, ch’io ben ritenga
     Che dal volto si possa giudicare.
     Oibò! credete che non mi sovvenga
     Esser matti color, che misurare
     Voglion le qualità d’un personaggio
     Dal volto bello, o dall’andar randaggio?
Io parlo, in verità, per parlar solo,
     Non per odio d’altrui, nè per disprezzo;
     Ma per toccar, così, quasi di volo,
     Un pochin di moral con altro mezzo;
     Per ridere un tantino in questo mondo,
     E per rimescolar ciò che va al fondo.
Ecco il primo ritratto. È un giovinetto
     Ben lungo, mingherlino e molto corto
     Di vista, come ancora d’intelletto.
     Non ha, non ha il meschin nessun conforto.
     Ognun dica di lui che che si sia.
     La prima pietra, che ho slanciata, è mia.