Pagina:Scherzi morali del prof. Francesco Rapisardi, Catania, Pastore, 1868.djvu/52

Eran di presso l’undici
     Di sera, e l’ho mirato
     Sotto al balcon dell’idolo
     Per terra inginocchiato.
— Ah! deh! crudele, volgimi
     Dicea, que’ tuoi be’ rai.
     Che cosa ho fatto, o vergine?
     Dimmi dov’io peccai?
Or non più veggo al solito
     Quel tuo ridente volto.
     O deh! mi guarda, o subito
     La morte m’avrà colto. —
Qui, mentre che con ansia
     L’alma sospesa tiene,
     Gli cascan su con impeto
     Due catinelle piene.
Prego, donnette amabili,
     Di trattenere il riso,
     In così gran pericolo
     Un’uom non va deriso.
E poi non era un liquido
     Qual la Santippe altera
     Versò di sopra a Socrate,
     No, come quel non era......
Ma che? Vi par difficile
     Quel che già avete inteso?.....
     Ahi! Ahi! Ch’io sento agli omeri
     Di gran legnate il peso!
Oh! basta, oh! basta ahi! misero!
     I baffi mie’ lasciate,
     Le orecchie, o brutti miopi,
     Dippiù non m’allungate.
Ch’io sia, cospetto! un’asino
     Volete? Ebben, sia fatto,
     Ma questa metamorfosi
     Vo’ farla ad un sol patto.