Pagina:Scherzi morali del prof. Francesco Rapisardi, Catania, Pastore, 1868.djvu/31

Vati, signore e vergini piene di cortesia.
     Sono tre mesi circa che insiem tutte le sere
Ci riuniam, oeliando, per un pochin godere,
Ne’ primi giorni, in vero, ci si sofferse un po’,
Ma tosto venne il giubilo, e l’allegria tornò.
Rendo i dovuti encomi a tutte le signore,
Senza adular, le vergini lodo di tutto cuore,
E per la grazia ingenua, pel brio che ci àn mostrato
Per lunga pazienza d’avermi sopportato
Ne’ giuochi e nelle celie, che abbiam fatto sovente,
Perchè sono insoffribile, e non son buono a niente,
— (Oh! questo lo sapeva pria che l’avessi detto,
Qui teco son d’accordo, qui sì che ti rispetto.) —
E quell’irsuta bestia, l’uggiosa e brutta noja,
No, non potè mai vincere, o soffocar la gioja.
E quel livor, che mescersi tenta dov’è il sorriso,
Forza non ebbe, e cadde sempre da noi conquiso.
E la zizzania invano tentò scoccar la freccia,
Dov’è virtù quel ferro non potrà far mai breccia.
Sempre concordi, unanimi, fummo d’un sol pensiero,
Non entrò mai superbia, nessun fu mai qui altero;
Lieti, fra le brillanti danze, godemmo i dì,
In passeggiate e giuochi giammai non si soffrì.
Gli scherzi fûro ingenui, sol si pungea per dire,
Le compagnie sì amabili bisogna benedire.
E quell’amor, che rapido s’accende in ogni petto,
E che di poi attossica qual mai si sia diletto,
Qui messe un piede, e parvegli trovar terreno adatto,
Ma trovò spine, e subito s’allontanò più ratto.
Correr lo veggo il misero, lungi, più lungi ancora,
E lo discerno, o parmi ch’ei scelse altra dimora.
Se mi darete il tempo di mettermi gli occhiali,
Se tu prestar mi vuoi, Musa, le tue grand’ali,
Interrompendo un poco ciò, che già stava a dire.
Quel, ch’ora fa l’amore, io vi vo’ far sentire:
     Vicino ò ad urbanissima e vaga damigella,