Pagina:Satire di Tito Petronio Arbitro.djvu/30

xxx

a comune notizia essere egli il direttore de’ piaceri del Principe.

L’altro argomento riceve solidità e certezza dai conosciuti caratteri di Claudio e di Nerone. Claudio era uomo torpido, ozioso, e di pochissima levatura; al contrario Nerone aveva ingegno, somma vivacità, memoria, ed amava le lettere e la poesia greca e latina, e facea pompa di dottrina e di spirito. Perciò Petronio fa spiritosi, pronti, vivaci, e non di studio digiuni, malgrado qualche caricatura perdonabile in un satirico, i suoi Trimalcione, Lica ed Eumolpione, il carattere de’ quali non potrebbe nullamente convenire con quello di Claudio.

Qualunque però stato fosse lo scopo di queste Satire, e qualunque l’autor loro, e il tempo in cui visse, tanto e così universale è il grido in cui son salite per la leggiadria della invenzione, e per la purezza dello stile, che passano tra le cose classiche della latinità. Il piano di Petronio, che Apuleio ed altri imitaron dappoi, fu di dipinger la vita di Nerone nelle diverse situazioni alle quali prestavasi questo Principe, e di spargere il più acuto ridicolo su’ suoi cortegiani. Scrivendo separati poemetti, come Lucilio ed Orazio, egli non avrebbe ottenuto sì bene il suo intento, quanto tessendone una favola in tal modo connessa, che i tratti principali che egli avea tolto a descrivere, sembrassero continuazione, e progredimento delle cose antecedenti. Ma perchè avrebbe il Romanzo o perduta la sua qualità poetica, se fosse stato scritto interamente in prosa, o preso un aspetto di poema epico, se fosse stato tutto in versi, così con molto giudizio ha frammischiato le prose e i versi, i quali tendono anche a dare una nuova scossa al lettore, e ad impedire quella specie di noia, che sopravviene dopo una lunga lettura di prose. Petronio scrive egregiamente nell’uno e nell’altro stile, e il fa con una certa sprezzatura e famigliarità, che non sopravvien mai un momento di stanchezza o languore in chi lo