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lettere di fra paolo sarpi. 59

per la fiera di Francfort, e i nostri librai ne faranno provvista, starò attendendole. Risi della burletta da voi altri fatta alla curia romana; la quale fa pur sempre il suo mestiere. E davvero, penso che il maestro del sacro palazzo operasse all’avventata; dacchè sono sì facili e ardenti nel porre a divieto i libri, che scambiano spesse volte l’uno per l’altro. Vogliono soli la padronanza sul pensiero che è messo in istampa.

Ella si maravigliò perch’io dissi che se guerra verrà addosso all’Italia, la romana curia proverà disfatta anche in mezzo a una gran vittoria; ma non è disaccordo fra simili concetti. Perocchè, se guerra sorgerà in Italia, non sarà senza concorso di molti dalla curia discordanti; e a questa toccherà a sostenere due guerre, l’una militare, letteraria l’altra; e se nella prima conseguirà vittoria, resterà di certo perdente nella seconda, non potendo per ogni dove dar mano a quegli argomenti di fuoco e di fune, che a lei tengon luogo di polizia e di rettorica.

Scrisse il signor Legato di avere spedito due esemplari di Polibio; nè però son giunti ancora, e il perchè non so. Voglio credere che non sieno andati perduti. Più presto mi perverranno, e più presto ne dirò grazie al signor Casaubono. Frattanto io le partecipo che tempo fa lessi alcuna parte di quel libro, e parvemi che niuno mai recasse con tanta chiarezza in lingua latina un’opera greca. Oserei dire senza iperbole, che il Polibio latino riesce più elegante e più lucido del greco. Parecchi esemplari qui ne capitarono, e sono letti e se ne loda a cielo l’interprete. Io aspetto i Commentari