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lettere di fra paolo sarpi. 177

lettere, sì come in un’altra mia li promessi di fare. Per risposta non mi occorre dirle altro, se non che per la passata risposi a quella delli 27 ottobre.

Passo ora alle cose di qua. Ai 25 del passato, in Roma, Pietro Antonio Rubetti,1 già arcidiacono e vicario patriarcale di Venezia, che V.S. conosce, e che poi andò a Roma perfidamente, avendo la mattina detto messa, e vissuto il giorno secondo il suo ordinario, la notte seguente sprovvistamente è morto; ed essendosi appresso ad alcuni divulgato, ciò esser successo per veleno, il pontefice ha mandato il suo chirurgo e fatto aprire il corpo per certificarsene; il quale riferì non averne trovato alcun indizio: e tutto questo è certo.

Della guerra credo non sarà niente; Spagna non la vuole; Torino non può senza Francia, la quale non vorrà, nè potrà dare aiuto. Il figliuolo non ha voluto dire al re, che il duca dimanda perdono e offerisce la vita e lo Stato: il che essi volevano per introdur principii di servitù. Torino anco teme di Mantova; tanto che le cose passano con qualche confusione.

Pare che quei di Germania voglino riformare la nostra città quanto alle cose delle lettere, poichè a Trento hanno scrutinato tutte le balle de’ libri che venivano da Francoforte, e levato fuori e confiscato molte sorti di libri che non trattano di religione, ma legge ovvero istoria, e in particolare tutti gli esem-


  1. La fuga del Rubetti da Venezia è raccontata nella Lettera XLIV, e a lui si fa più volte allusione in altri luoghi, ed anche a pag. 39 di questo stesso volume. Ma nuovi e più importanti particolari intorno alla sua morte, si troveranno al fine della Lettera seguente.
Sarpi. — II. 12