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lettere di fra paolo sarpi. 145

Ho osservato in tutte le cose mondane, che nessuna cosa più precipita nel pericolo, quanto la troppo gran sete di allontanarsi da quello. Credo, che il nostro male sii questo, e ne temo qualche sinistro successo. La troppa prudenza riscontra in uno con l’imprudenza stessa. Odo V.S. dire che ciò tocchi a noi, e lo confesso: dico nondimeno, che noi questa cosa fa restar dal bene, ma non induce al male: bensì più opera in voi, quali spinge alla rovina propria e degli amici: onde succede che facciate anco questo anno altrettanto male, quanto faceste già duoi. Io resterò attonito; ma confido in Dio, che non succederà.

Le cose di qui non vanno molto male, perchè li avversari ci tengono svegliati alquanto, e meglioreremo di sanità, se continueremo facendo così. Nel mio particolare, molto son occupato in una vanità, che è di guardarmi, e ne ho poca colpa; imperocchè io rimetterei facilmente il tutto in Dio, quando le prediche fattemi dagli altri non mi sforzassero a pensare. Ma è cosa grande, che venghi tentato fino di penetrarmi in camera.1 Stupisco la diligenza e l’accuratezza.

Già quindici giorni, in Roma, la corte andò nel palazzo delli Colonna a prendere il Poma; qual si difese, e ne succedè la morte d’un sbirro e ferite d’altri; e insieme fu esso Poma ferito nel ventre, e un suo figlio nella coscia. Stanno ora prigioni, parlandosi variamente.2 Io non posso intendere questi


  1. I tentativi fatti contro la vita di Fra Paolo durarono per molti anni; e, a giudicarne dagli atti stessi della Repubblica, sembra si continuassero sino al settembre del 1812.
  2. Rodolfo Poma (mercante veneziano e fallito) fu uno,
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