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fra paolo sarpi. ix

l’età sua più analitica. Voltaire è stato chiamato il nuovo Luciano; ma troppo è impetuoso, e mette con furia francese ne’ suoi scritti i sarcasmi che bene spesso sentono dell’acre odore di Rabelais, e corrodono il vivo, non che mangino il guasto: a Voltaire manca il senso del sublime e il gusto delle tradizioni, e non possiamo comportar la sua rabbia contro la religione del Cristo, nè veder tra le laidezze dileggiata Giovanna d’Arco. Luciano e Voltaire, considerati come sovrani maneggiatori dell’ironia, cadono in vizio opposto. Il Greco è uno scettico, e nulla spera nè prevede di bene; nel suo volume non trovi pure una parola che ti apra l’avvenire; e noi, dopo diciannove secoli di cristianesimo, non possiamo neppur comprendere il lento sorriso dell’epicureo. Se irreparabile è la corruttela e la stoltizia degli uomini, anche al savio, nella solitudine del suo orgoglio, dee morir su le labbra il beffardo sogghigno. Noi ci accorgiamo, pertanto, che l’acerbo irrisore del paganesimo era anch’esso pagano. Se non sono a paragonare con esso pe’ pregi dello stile e dell’arte i polemisti cristiani, come Teofilo e Arnobio a modo di esempio, tu trovi in costoro, quanto alle idee, ben altro valore: tra gli altari abbattuti degli Dii falsi ti presentano il Dio vero, a cui devi chinare la fronte. Voltaire, al contrario di Luciano, è pieno di fidanza nella forza nativa della ragione addestrata a rendersi ragione di ogni cosa, e a non credere che a quel che sa. Voltaire è cristiano senza saperlo nè voler essere. Lu-