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202 l'istoria del concilio tridentino


legati non concedevano licenza a nessuno, alcuni alla giornata se l’andavano prendendo, sí che inanzi il fine del mese di settembre restarono pochissimi.

Ma in Roma, se ben per la negoziazione del Cardinal Farnese si prevedeva che cosí dovesse essere, nondimeno, dopo succeduto, si cominciò a pensarci con maggior accuratezza. Si consideravano li fini dell’imperatore molto differenti da quello che era intenzione del pontefice; perché Cesare, col tener le cose cosí in sospeso, faceva molto bene il fatto suo con la Germania, dando speranza alli protestanti che, se fosse compiaciuto, non averebbe lasciato aprire il concilio, e mettendoli anco in timore che, non compiaciuto, l’averebbe aperto e lasciato procedere contra di loro. Per il che faceva anco nascere sempre novi emergenti che tenessero le cose in sospeso, trasportando dolcemente il tempo sotto diversi colori, e alle volte proponendo anco che fosse meglio transferirlo altrove; dando anco speranza di contentarsi che si transferisse in Italia, e anco a Roma, acciocché piú facilmente il papa e li prelati italiani porgessero orecchie alla proposta e tirassero il concilio in longo.

Il pontefice era molto angustiato: alle volte si eccitava in lui il desiderio antico de’ suoi precessori che il concilio non si celebrasse, e condennava se stesso d’avere camminato questa volta tanto inanzi; vedeva però di non potere senza gran scandolo o pericolo mostrar apertamente di non volerlo, con dissolver quella poca di congregazione che era in Trento; vedeva chiaramente che per estinguer l’eresie non era utile rimedio, perché per quello che s’aspettava all’Italia, era piú ispediente con la forza e con l’officio dell’inquisizione provvedere, dove che l’espettazione del concilio impediva questo che era unico rimedio. Quanto alla Germania, appariva ben chiaramente che il concilio piuttosto difficoltava che facilitava quelle cose: nel rimanente, ancora celebrandosi, aveva gran dubbio se dovesse concedere all’imperatore li mezzi frutti e vassallatici de’ monasteri di Spagna; perché non facendolo,

Sua Maestá ne sarebbe restata sdegnata; facendolo, dubitava