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240 capitolo ventesimosettimo.


— Zitti! — esclamò Fulton.

Sulla montagna si udiva ancora Mac Bjorn che diceva con voce sempre più fioca:

— Fuggi... io ormai... sono spacciato... e la vista mi... si intorbidisce... Bah!... Così... dovevo... finire!...

— Bill ci sfugge! — esclamò Collin. — Avanti! Avanti!

Ripresero l’ascensione dell’alta montagna in fila indiana, cioè uno dietro all’altro per perdere minor tempo ad aprirsi il passaggio. Paowang, il più pratico dei luoghi, si trovava sempre alla testa e recideva le liane e i rami con una sciabola d’abbordaggio.

Raggiunta la macchia superiore, trovarono disteso Mac Bjorn. Il miserabile non dava più segno di vita e il sangue gli usciva in copia da due ferite che aveva sul petto, una a destra e l’altra a sinistra.

Quel furfante pareva che dormisse, e sulle sue labbra vedevasi ancora l’ironico sorriso che non lo abbandonò mai.

— Beffardo visse e beffardo morì! — esclamò Asthor. — Tale doveva essere la sua fine.

A pochi passi dal bandito si trovava la sua carabina, e più in là Grinnell raccolse una cassetta, quella che Bill aveva rubata al capitano.

Fu subito aperta, ma non conteneva che pochi dollari e poche carte.

— Dove sono andati gli altri? — si chiese Asthor.

— Se li sarà presi Bill — rispose il capitano.

— Ci tiene al denaro rubato, l’assassino! Eppure mi sembra che non sia il momento opportuno per caricarsi di tanto peso.

— In marcia! — gridò Collin.

— Eccolo! — gridò Fulton in quell’istante. — Ha lasciato il bosco.