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cap. xxiii. — l'ultimo colpo di amali 351


La immensa squadra dei pescatori di perle, preceduta dal Bangalore, era intanto uscita dalla baia, disposta su due interminabili colonne e si era diretta verso il mezzodì, manovrando precipitosamente i remi.

La notizia che il loro re andava a dar l’ultima battaglia all’ex-marajah, per impedirgli di andare a distruggere la rocca ed impadronirsi di Mysora, si era sparsa e quei bravi marinai, che fino allora non avevano avuto l’occasione di mostrare il loro valore, erano ansiosi di menar le mani.

Volevano avere anche loro una parte nell’insurrezione che aveva atterrato il tiranno, per rimettere sul trono il discendente dell’antica dinastia.

Essendo il mare tornato tranquillo, la navigazione riusciva facilissima. Le due colonne speravano quindi di giungere in meno di quattro ore nella baia che serviva di rifugio alla squadra e di sorprendere il marajah prima che lasciasse la costa.

Amali e Jean Baret, a prora del Bangalore, scrutavano l’orizzonte e la costa per vedere se le galee comparivano; entrambi erano impazienti e nervosi e anche un po’ preoccupati.

Verso le quattro del pomeriggio, mentre stavano girando una punta che copriva la baia nella quale doveva trovarsi la flotta, scorsero numerose barche che stavano per prendere il largo.

— Le galee! Le galee! — gridarono i marinai del Bangalore, afferrando le armi.

Clamori assordanti si alzavano sulle scialuppe dei pescatori di perle.

— Alle armi! Alle armi! Ecco il nemico!