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304 sul mare delle perle


— Adagio, Jean Baret. Ho veduto molti uomini sugli spalti. Si sono già accorti che noi ci prepariamo ad assalirli.

Amali finiva appena di dire quelle parole, quando una fiamma balenò sopra un terrapieno, seguita da uno sparo.

Si udì, in aria, un cupo ronzio, poi una palla passò fra i pescatori di perle, atterrandone uno.

Non era più possibile ingannarsi dinanzi alla dimostrazione bellicosa degli uomini che occupavano il fortino. Quantunque avessero subito una sconfitta sanguinosa, intendevano di continuare la lotta, contando sulla robustezza delle loro cinte.

Quella fortezza, che non avrebbe resistito due ore alle artiglierie degli europei, era un ostacolo assai duro pei pescatori di perle, inquantochè non disponevano di alcuna bocca da fuoco di buon calibro.

— Abbiamo fatto male a non condurre con noi le spingarde del Bangalore — disse Jean Baret. — Ci avrebbero dato qualche vantaggio.

— Sono troppo necessarie alla difesa della nostra nave, — rispose Amali. — Come potrebbero i nostri marinai respingere l’attacco delle galee del marajah?

— Quei fossati m’inquietano.

— Passeremo sopra le spine, — disse Amali.

— In qual modo?

— Coprendole con fasci di legna; qui i rami non mancano, anzi il vento ne ha fatti cadere tanti che non occorre andarli a tagliare.

— E la breccia?