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capitolo v — una lotta mostruosa 167


Qualche tremendo dramma doveva avvenire all’estremità del canale. O qualche montagna di ghiaccio era piombata improvvisamente sulla balena fracassandole forse la spina dorsale o qualche nemico formidabile assaliva il più colossale mostro della creazione.

I marinai, che erano in preda ad una vivissima curiosità, arrancavano con crescente lena e mastro Tyndhall si alzava più che poteva, per cercare di distinguere la balena, ma il canale era sempre tortuoso ed i ghiacci avevano margini alti assai. Dovevano però essere vicini al teatro della lotta o della disgrazia, poichè le note metalliche echeggiavano a breve distanza e nel canale si precipitavano delle ondate furiose, irte di candida spuma.

– Adagio! gridò Tyndhall, respingendo la barra a tribordo, per evitare un’onda che minacciava di prendere la baleniera di traverso.

Il canale faceva un brusco gomito e al di là si vedeva un vasto bacino, un wacke come i balenieri chiamano i bacini rinchiusi fra i ghiacci, il quale era separato dal mare da un’istmo di ghiaccio largo appena trenta o quaranta metri.

In mezzo a quel bacino, che aveva una circonferenza di mezzo chilometro, si dibatteva furiosamente una balena franca, uno dei più enormi cetacei che si trovano in mare.

Quel mostro era lungo non meno di venti metri e doveva pesare, a guardarlo dalle forme, sessanta o settanta tonnellate.

Questi cetacei, che sono così rapidi, malgrado la loro mole, da fare il giro del mondo in soli quarantasette giorni seguendo l’equatore e da andare da un polo all’altro in ventiquattro, hanno la forma d’un immenso cilindro irregolare, che termina in una testaccia, il cui