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capitolo i — attraverso la baia di baffin 131


Erano tutti giovani, poichè non superavano i trenta anni, ma si capiva, anche a prima vista e dal modo con cui adoperavano le aste e dalla loro abilità nel rovesciare od allontanare i ghiacci con dei colpi robusti e ben assestati, che dovevano aver percorso ancora quelle regioni del gelo e che ben altre lotte dovevano aver impegnate cogli ostacoli dei mari polari.

A poppa invece, ritto dinanzi al timone, stava un uomo di statura imponente, un vero gigante, poichè doveva misurar quasi sei piedi, ossia poco meno di due metri.

Era il più attempato di tutti, anzi doveva aver varcato la cinquantina da qualche anno, poichè la sua barba ed i suoi capelli erano ormai grigiastri. Aveva un petto da atleta, le spalle larghissime, le braccia muscolose, formidabili ancora malgrado l’età, poichè maneggiavano la pesante ribolla del timone come fosse un semplice fuscello di paglia.

Il suo viso, seminascosto da un grande cappuccio di grosso panno azzurro-cupo, era solcato di rughe ben marcate e la sua pelle era assai abbronzata, ma i suoi occhi, di un nero profondo, avevano ancora qualche cosa di giovanile e di tratto in tratto mandavano vivi lampi.

Quantunque il freddo fosse assai pungente, quel colosso non aveva, come i suoi compagni, ancora indossate le pesanti vesti d’inverno. Aveva calzati bensì i guanti di pelle di foca, ma portava ancora una casacca di grossa tela da vele come usano i pescatori di merluzzi di Terranuova e quelli del Labrador, i calzoni di panno e uose di tela strette attorno ai muscolosi polpacci e alle pesanti scarpe ferrate.

Poco discosto da lui, accovacciato su di un rotolo di cordami, stava uno di quei grossi cani di Terranuova,