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I misteri delle foreste cubane 83

mizi d’ogni specie lanciare in aria le loro splendide foglie piumate ed intrecciarle a quelle non meno pittoresche dei cavoli palmisti, mentre al di sotto di quella cupola di verzura senza fine, spuntavano alla rinfusa rigogliosi cespi di leandri, i cui fiori si mescolavano a quelli sanguigni dei cordii ed a quelli bianchi dei gelsomini, od ai mazzi delicati delle ghirlande d’unguentaria ed alle foglie seriche ed argentine delle portlandia.

Pochi uccelli si vedevano in mezzo a quella folta vegetazione, per lo più pappagalluzzi e qualche volta dei beccaccini annuncianti la vicinanza di qualche palude. Abbondavano invece i cinghiali; erano però così diffidenti che scomparivano subito in mezzo alle macchie più folte.

Verso il mezzodì, il drappello giungeva in una piccola radura coltivata a cacao, piante che si trovano in grande numero nell’isola di Cuba, anzi formano, colle canne da zucchero, la principale ricchezza di quelle fertili terre.

Questi alberi, importati dal vicino Messico ed ormai completamente acclimatati, sono quelli che dànno la cioccolatta. Appartengono alla famiglia delle bittneriacee affine alle malvacee, e sono piccoli, con rami diritti e gracili e foglie oblunghe. Dopo i fiori producono delle frutta ovali, carnose, divise in dieci carpelli e rassomiglianti ad un piccolo cetriolo.

È in mezzo a quella polpa assai amara che si nascondono i preziosi semi, i quali dopo essere stati spogliati del loro inviluppo, leggermente torrefatti, quindi macinati e mescolati collo zucchero dànno la cioccolatta. Ogni frutto ne contiene in media venti e talvolta anche venticinque.

La coltivazione di quelle piante ormai si è estesa in tutte le Grandi e Piccole Antille non solo, ma anche in tutte le repubbliche dell’America centrale ed anche in quelle dell’America meridionale, specialmente nell’Equatore, nel Perù, nella Bolivia e perfino nel Chilì dove si fa un consumo tale di cacao, da toccare i venticinquemila scudi all’anno.

Non si creda però che la coltivazione sia facile. L’albero richiede immense cure, soffre se non si rimuove continuamente la terra, sbarazzandola dalle male erbe, e in talune regioni bisogna proteggerlo coll’ombra di due piante maggiori che gl’indiani chiamano il padre e la madre del cacao.

Le piante della radura, una dozzina in tutto, avevano già cominciato a soffrire per la mancanza di quelle cure e si vedevano le loro foglie pendere tristamente al suolo.

Il drappello, stanco da quella lunga marcia che durava dalle sei del mattino, vedendo che quel luogo era deserto e sicuro da una improvvisa sorpresa, decise di accamparsi alcune ore, anche per evitare qualche colpo di sole, non essendo prudente marciare dal mezzodì alle quattro pomeridiane.

Avendo trovato una cappannuccia già mezza diroccata, vi si ri-