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I misteri delle foreste cubane 79

velocità dei nostri incrociatori, che sono, sotto questo punto, superiori a quelli americani.

— Tacete!... — comandò in quel momento il cubano, con tono stizzito.

— Cosa avete, signor Del Monte? — chiese Cordoba, corrugando la fronte. — Avete creduto di vedere qualche elefante? In tal caso vi avverto che non siamo in Africa per trovarne.

— Se non vi sono degli elefanti alle Antille, non mancano però gl’insorti e questi sono ben più da temersi, — rispose il cubano.

— Dove sono? Io non vedo nulla, eppure vi assicuro che i miei occhi valgono quanto le lenti d’un cannocchiale.

— Ascoltate!... Fermi tutti!... —


CAPITOLO X.


I misteri delle foreste cubane.


Udendo quel comando, pronunciato con un tono che non ammetteva replica, il drappello si era subito fermato, aggruppandosi sotto una macchia formata da cinque o sei banani, le cui foglie smisurate bastavano a nasconderli completamente. Tutti però, il solo cubano eccettuato, con una mossa simultanea avevano presi i fucili puntandoli all’ingiro, non sapendo ancora da quale parte poteva giungere il pericolo. Cogli occhi fissi sotto le arcate degli alberi e gli orecchi tesi, stettero in ascolto, in preda a quell’ansietà affannosa che deriva da un pericolo sconosciuto.

Da principio nulla udirono, all’infuori del cicalare di alcuni pappagalluzzi che si tenevano sui più alti rami d’un colossale arancio. Dopo alcuni istanti però, distinsero perfettamente uno scrosciare di foglie dapprima leggero, poi più forte, che pareva si avvicinasse lentamente.

— Degl’insorti? — chiese donna Dolores al cubano, il quale ascoltava col capo curvo verso terra.

— Non lo so, — rispose questi, asciuttamente.

— Qualcuno però si avvicina.

— L’odo.

— Può essere qualche cinghiale, — mormorò Cordoba, il quale allungava il collo cercando di discernere qualche cosa fra quel caos di rami e di foglie. — In quest’isola sono abbondanti.

— Io invece sospetto che siano uomini, — disse il cubano.

Come per dargli ragione, proprio in quel momento, in mezzo alle folte piante, si udì a echeggiare un grido strano che rassomigliava a quello che mandano le aquile caracara.

Carramba! — borbottò Cordoba. — Conosco troppo bene