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La fuga di Cordoba 157

La piantagione era stata orribilmente devastata. Dappertutto si vedevano enormi ammassi di canne da zucchero, mezze distrutte dal fuoco ed alberi, forse delle piante di cacao, anneriti e privi delle loro foglie.

Qua e là si vedevano avanzi di capanne, un tempo abitate dai lavoranti negri o dai coolies chinesi, casupole in rovina, grandi tettoie che dovevano aver servito da magazzini coi tetti sfondati e le pareti calcinate dal fuoco e le travi semi-arse, poi uno sterminato numero di avanzi di botti, e lungo i solchi veri fiumi di zucchero carbonizzato.

La batey, ossia lo stabilimento centrale dove si trovano le caldaie per la fusione del prezioso prodotto, lo strettoio e la raffineria non si trovavano in miglior stato.

Pareva che avessero sostenuto un formidabile assalto poichè le pareti portavano tracce di palle di fucile e di palle di cannone. I tetti erano crollati assieme alle travi, le macchine che dovevano essere costate una fortuna al suo proprietario, giacevano al suolo distrutte, sminuzzate come se fossero state fatte saltare con bombe di dinamite; i forni erano scomparsi assieme ai mostruosi recipienti che dovevano raccogliere la dolce materia.

Dell’immensa fabbrica non erano rimaste intatte che le muraglie e un pezzo dell’alta caminiera; tutto il resto era stato divorato dall’elemento distruttore.

— Qui è avvenuta qualche sanguinosa battaglia, — disse Cordoba. — Compiango sinceramente il proprietario della piantagione che sarà ormai completamente rovinato.

— Probabilmente sarà stato un insorto, — disse lo spagnuolo.

— Che questa distruzione sia stata opera dei vostri?

— È possibile, signore, avendo noi ricevuto l’ordine di incendiare le proprietà degl’insorti.

— Quanti milioni buttati all’aria. Quali disastri cagionerà l’insurrezione a questa disgraziata isola!

— La sua rovina signore, poichè tutte le principali piantagioni di zucchero sono state devastate o da noi o dagli insorti, e voi sapete che esse costituivano la principale ricchezza di questa grande isola.

— Sì lo so e vi posso anche dire che sono cinquecento milioni all’anno perduti e fors’anche di più, pei loro proprietari.

— Aggiungete poi le piantagioni di tabacco, di caffè, di cotone e di cacao del pari distrutte e vedrete che danno enorme ne risentiranno i cubani a guerra finita.

— Si tratta di miliardi poichè le piantagioni distrutte non si rinnoveranno lì per lì. Forse l’insurrezione e la guerra che ora ne segue daranno loro la sospirata libertà, ma l’avranno pagata ben cara. —

Erano allora entrati nella batey centrale, dove avevano scorto ancora un pezzo di tettoia che pareva fosse miracolosamente sfuggito al fuoco.