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Per la patria 11

tro l’immensa chiesa un lungo sguardo, poi ripresero il loro cammino, mentre l’uno diceva con tono giulivo:

— Ci aspettano.

— Siate guardingo, signor Cordoba.

— Non temete, Signor Viscayno, Donna Dolores ha fatto le cose per bene e nessuno sa, in Merida, dell’organizzazione dell’audace colpo di testa.

— Gli yankee vegliano, signor Cordoba.

— Lo sappiamo.

— E forse tengono d’occhio l’yacht della marchesa.

— Non sarei sorpreso; vi dico però che perderanno inutilmente il loro tempo e che quando se ne saranno accorti, sarà troppo tardi e non rimarrà loro altra consolazione che di sfogarsi in cannonate inutili.

— Sa la marchesa che corre il pericolo di venir fucilata, se cade nelle mani degli yankee?...

— Non lo ignora.

— E non la spaventa?

— Lei spaventarsi! Carramba! È tale donna da sfidare, senza tremare, le più spaventevoli tempeste e le più sanguinose battaglie. Voi non l’avete mai veduta, signor segretario, a comandare la manovra in mezzo ai furiosi tifoni che devastano, tratto tratto, le Antille.

I più rinomati lupi di mare dell’Yucatan e di tutta la costa del Messico, potrebbero invidiarla.

— Lo so, si narrano cose meravigliose della marchesa del Castillo.

— Storie vere, signore.

— Vi credo, signor Cordoba: una gran bella creatura ed una grand’anima quella marchesa.

— Tutta fuoco!

— E amor di patria.

— Sì, signor Viscayno e renderà preziosi servizi alla Spagna.

— Voi la conoscete da molti anni, signor Cordoba?...

— L’ho fatta danzare sulle mie ginocchia, signore.

— È vero che è molto ricca?

— Una dozzina di milioni di piastre.

— Tanto da comperare una flottiglia.

— Lo credo, signor Viscayno.

— Ditemi, signor Cordoba...

— Parlate.

— Ho udito a raccontare che quella strana creatura ha sangue gitano nelle vene.

— È vero, signore: sua madre, prima che sposasse il vecchio ammiraglio messicano, il conte di Belmoar, era una gitana spagnola che a Messico ed a Vera Cruz aveva fatto girare tutte le teste, calde e fredde.