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Assediato in una trappola da elefanti 153

di sapore dolcigno e che spremuta ed unita ad un po’ di zucchero, dà una bevanda gradevole, molto indicata per combattere efficacemente le febbri.

— Buono a sapersi in questo paese delle febbri.

— Dalle frutta sanno poi ricavare una cenere ricca di soda e che mescolata ad un po’ d’olio di palma costituisce un buon sapone. Ma anche le foglie e la corteccia, che godono di virtù emollienti, sono largamente usate dai negri per moderare l’eccesso della loro traspirazione.

— È poco per questi giganti. Comunque sia, sono piante meravigliose.

— Ma ve ne sono di più grandi, Antao.

— Più di questa?...

— Alla foce del Senegal si sono misurati dei baobab che avevano l’enorme circonferenza di cento piedi, ossia di trentatrè metri.

— Morte di tutti i pianeti!...

— Il dottor Livingstone, il celebre esploratore dell’Africa meridionale e centrale, ha veduto un baobab scavato, nel cui interno potevano stare comodamente trentatrè uomini e Humboldt ne vide uno nella Senegambia, nel cui tronco una tribù di negri teneva le sue assemblee.

— Questi enormi vegetali devono vivere un bel numero di secoli, Alfredo.

— Adanson afferma di aver studiato dei baobab che dovevano contare cinque ed alcuni seimila anni d’esistenza.

— Corna del diavolo!... Che bella età!... E tu mi hai detto che quell’albero può essere pieno di mummie di negri?...

— È probabile.

— E si conservano bene?...

— Perfettamente, forse meglio delle mummie egiziane.

— Andiamo a vedere, Alfredo. —

S’accostarono all’enorme tronco girandovi attorno per vedere se vi era qualche strappo nella corteccia, ma la trovarono intatta dappertutto.

Stavano per raccogliere alcune capsule lasciate cadere dalle scimmie, onde assaggiarne la polpa, quando Asseybo, che si trovava a quindici passi da loro, nascosto dietro il tronco d’un cedro selvatico, con un leggero sibilo li fece accorrere.

— Cos’hai? — chiese Alfredo.