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Capitolo Secondo.

Il paese dell’oro.



Il marchese Mendoza, dopo quelle parole pronunciate con voce tremante e soffocata, si era arrestato colle mani strette sulla fronte, mentre due grosse gocce di sudore gli scorrevano per le tempie. Pareva che in quel momento il suo cervello facesse uno sforzo supremo per sciogliere un difficile quesito.

Ad un tratto però rialzò il capo, e mentre un fugace rossore gli appariva sulle gote, guardando fissamente lo scorridore di prateria, che lo mirava con una viva curiosità:

— Mi è balenato un sospetto, — disse con voce agitata. — Sarà una pazzia, una speranza falsa, ma è meglio che voi sappiate tutto, quantunque io soffra assai nel dover riaprire una piaga chiusa da tanti anni.

— Parlate, marchese. Forse io potrò aiutarvi più di qualunque altro.

— Ditemi, innanzi tutto, un uomo bianco può diventare il capo d’una tribù d’Indiani?

— Ho conosciuto qualche capo che apparteneva alla razza bianca. Talvolta gl’Indiani adottano i loro prigionieri, li proclamano guerrieri, e se sono valenti e rinnegano la loro origine, li innalzano alla dignità di capi.