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216 Capitolo ventottesimo


— Toh! Guarda, Pram-Li: vi sono delle macchie di sangue su questi bambù.

— È vero, — disse il malese. — Che il babirussa sia stato ferito e che si sia trascinato qui? —

Interrogò Vindhit, il quale stava appunto osservando quelle macchie di sangue.

— Animale ferito, — rispose il selvaggio.

— E da chi ferito? — chiese Pram-Li.

— Forse da una pantera.

— Non ci mancherebbe altro che facessimo l’incontro d’una di quelle pericolose fiere. —

In quel momento sulla loro destra si fece udire un lieve sussurrìo. Pareva che qualcuno cercasse di allontanarsi cautamente, per guadagnare il centro della macchia.

— Hai udito? — chiese Hong al malese.

— Sì e vedo anche agitarsi le cime dei bambù.

— Che sia il babirussa?

— Di certo.

— Inseguiamolo, Pram-Li.

Si diressero da quella parte, scivolando attraverso le canne che in quel luogo erano un po’ meno fitte.

Il sussurrìo aumentava. L’animale, fiutata la presenza dei cacciatori, s’allontanava rapidamente, spostando le grandi canne con molto rumore. Pareva che avesse abbandonata ogni prudenza.

Hong ed i suoi due compagni cercavano di affrettarsi ma si trovavano imbarazzati ad aprirsi il passo fra quei vegetali che erano armati di spine le quali opponevano una resistenza incredibile.

Ad ogni istante Hong ed il malese erano costretti ad arrestarsi per liberare le loro vesti.

Tutto ad un tratto il rumore che si faceva udire dinanzi a loro, cessò.

— L’animale si è fermato — disse il malese.

— Sì, — confermò Hong. — Non vedo più agitarsi le canne.

— E vedo ancora delle macchie di sangue qui.

— Che il babirussa sia spirato? Avanziamoci con prudenza e... Pram-Li, non senti questo odore?

Il malese fiutò l’aria e fece un gesto di paura.

— È puzzo di selvatico, — disse, gettando all’intorno uno sguardo inquieto.

— Si direbbe che per di qua è passata qualche pantera.

— Qualche tigre, Hong. Io ho sentito molte volte questo odore nelle jungle della penisola malese.

— Interroga Vindhit.