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28 capo iii.


— Il wai-waiga!

— Ah! Brutto antropofago! esclamò Wan-Horn. Ancora ritorni? Hai dell’audacia, scimmia!...

— E si presenta a noi colla pittura, disse il capitano.

— E colla corteccia del wai-waiga, aggiunse il marinaio. È una vera dichiarazione d’ostilità, signor Wan-Stael.

— Ma cosa significa quella lugubre pittura? chiese Cornelio.

— È la loro toletta di guerra, rispose il capitano.

— E quel pezzo di corteccia d’albero?

— Una dichiarazione d’ostilità: è una corteccia di wai-waiga, ossia di un albero velenoso, detto per ciò albero mortale.

— E quel furfante osa presentarsi solo? Ah! Zio mio, vado a prenderlo per un orecchio e lo porto a bordo della giunca.

Il coraggioso giovanotto stava per effettuare la minaccia, ma il capitano lo trattenne:

— Lascia fare a me, Cornelio, disse. Forse non è solo e dietro quelle rupi può nascondersi una intera tribù. Tu, Wan-Horn, raduna i chinesi presso le scialuppe e voi, nipoti, mettetevi alle spingarde.

Mentre l’equipaggio si ritirava precipitosamente verso la spiaggia, per essere pronto ad imbarcarsi, il capitano, raddrizzata l’alta statura e armato il fucile, si era avvicinato al selvaggio che lo guardava insolentemente, come fosse sicuro del fatto suo.

— Cosa vuoi? gli chiese, usando lo stesso linguaggio che l’antropofago aveva adoperato.

— Che gli uomini bianchi lascino la costa che appartiene ai figli di Mooo-tooo-omj, rispose l’australiano.

— Noi non uccidiamo nè i tuoi kanguri, nè i tuoi casoari, nè i tuoi warrangal (cani selvaggi), disse Wan-Stael. Il trepang nè tu, nè i tuoi compatrioti sapete pescarlo e l’acqua del mare non ti appartiene.

— Allora la tribù dei Warrame ti darà battaglia.

— E sei tu che lo dici?

— Io, capo della tribù dei Moo-wiami.

— Prendi, cialtrone...

Wan-Stael, con un manrovescio che risuonò come un