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i naviganti della meloria 85

— Qualche cosa di simile, Vincenzo.

— Che erutti anche pietre?

— È probabile.

— Udite che rombi spaventevoli?

— E sento anche che le rupi oscillano.

— Mille fulmini!... Dottore, fuggiamo!... Io ne ho abbastanza di questo spettacolo.

— Sì, andiamocene, signore — dissero Michele e Roberto.

Il signor Bandi avrebbe desiderato fermarsi qualche tempo per meglio osservare quel mare di fuoco che ribolliva spaventosamente in fondo all’abisso, ma la prudenza consigliava una pronta ritirata.

Le esplosioni si succedevano con maggior frequenza, lanciando in alto giganteschi pennacchi di fumo e lingue fiammeggianti, e sotto il suolo si sentivano a correre, con crescente fracasso, dei rombi poco rassicuranti. Vi era da temere qualche tremenda esplosione e fors’anche qualche poderosa scossa di terremoto.

— Sì, andiamo — disse, mentre uno spruzzo di lave ardenti si espandeva sui fianchi dell’abisso. — È meglio tornare alla nostra scialuppa.

Si erano tutti quattro lanciati attraverso la galleria, correndo a tutta lena. I rombi aumentavano e ad ogni esplosione che avveniva nel seno di quel bacino fiammeggiante, dei macigni si staccavano dalle vôlte e precipitavano al suolo con orrendo fracasso.

Già avevano percorsa mezza via, quando il suolo oscillò con tale violenza, da farli cadere l’uno sull’altro.

— Per centomila merluzzi!... Il terremoto!... — urlò padron Vincenzo, balzando lestamente in piedi.

— Cerchiamo un rifugio!... — gridò il dottore. — Le vôlte precipitano!...

Vedendo a breve distanza uno di quei vani che figuravano come le finestre di quell’ampio salone, vi si slanciò, seguìto dai tre pescatori.

Quel rifugio era una specie di celletta scavata nel marmo massiccio, di forma perfettamente circolare e capace di contenere una dozzina di persone.

I quattro esploratori vi si erano appena cacciati dentro, quando avvenne una più tremenda scossa seguìta da un tale rombo da credere che il vulcano fosse scoppiato come una gigantesca granata.

Le muraglie della caverna oscillarono spaventosamente, poi le vôlte s’aprirono, e una massa enorme di macigni piombò al suolo, con un fracasso assordante.

— Per centomila pescicani!... — urlò padron Vincenzo, che era diventato pallido come un cadavere. — Stiamo per venire sepolti vivi?

— Non abbandonate questo ricovero!... — gridò il dottore.

— E se l’intera caverna crolla?

— Se usciamo, verremo schiacciati.

— Dottore!... — gridarono Roberto e Michele che parevano impazziti per lo spavento.

– Coraggio, amici!... Tutto finirà.