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322 capitolo trentaquattresimo

Ormai sapeva che gli aiuti stavano per giungere e non si preoccupava di rimanere con sole poche cariche.

I lupi dovevano essersi accorti che altri uomini s’avvicinavano, perchè alcuni si erano distaccati dal grosso ed erano partiti ululando, in direzione del piccolo altipiano.

— Li hanno fiutati, — disse il capitano. — Prepariamoci ad appoggiare i compagni. —

D’un tratto sotto gli alberi si videro balenare dei lampi seguiti da spari secchi, i quali si succedevano senza interruzione.

— I Winchesters, — disse il capitano. — Buone armi a ripetizione che faranno ballare i bighana!

I lupi che assediavano l’albero, udendo quelle detonazioni, erano partiti a corsa disperata, ululando a piena gola.

— Scendiamo! — gridò il capitano.

Si lasciarono scivolare lungo il tronco, toccando ben presto terra. Il capitano raccolse la sua carabina, l’armò precipitosamente e si slanciò fuori dai cespugli, gridando:

— Signor Fedoro! Badate a non fucilarci! Veniamo in vostro aiuto! —

Vedendo i lupi radunarsi innanzi a una folta macchia, in mezzo alla quale dovevano trovarsi il russo, il macchinista e lo sconosciuto, li presero alle spalle fucilandoli senza misericordia.

I bighana, presi fra due fuochi non ressero molto a quella tempesta di palle che li decimava rapidamente. Dopo d’aver cercato di far fronte ai due pericoli, si sbandarono, fuggendo velocemente attraverso la foresta, perseguitati per qualche tratto da Fedoro, dal macchinista e dal loro compagno.

Rokoff stava per seguirli, quando udì il capitano gridare:

— L’orso! Ecco che scende! —

Il cosacco si era subito arrestato, ricaricando la carabina.

Il labiato, approfittando della discesa dei suoi compagni e del combattimento coi lupi, aveva lasciato gli alti rami del nim e si lasciava a sua volta scivolare lungo il tronco, colla speranza di raggiungere inosservato i cespugli e di scomparire entro le folte macchie.

Aveva però fatto i conti senza il capitano, il quale, pur facendo fronte ai bighana, non aveva dimenticato quella grossa e succolenta selvaggina.

Vedendo i cacciatori tornare, nascose la testa fra le zampe anteriori e si lasciò andare precipitandosi da un’altezza di otto o dieci metri.