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166 emilio salgari


– Quell’uomo è mio!... – esclamò. – Le coste dell’Africa ti saranno fatali ed i boschi del mio paese ti serviranno di tomba!... La pantera divorerà il leone!

Si diresse verso la cassa sfondata, dietro alla quale vegliava il re negro.

– Niombo, – disse.

Il gigante alzò il capo.

– Hai udito? – gli chiese ella.

– Tutto, – rispose Niombo, con un sorriso crudele.

– Lo ucciderai?

– Sì, se toccheremo le coste dell’Africa, – rispose egli con voce cupa. – Li sterminerò tutti, tutti!...

– Non tutti.

– Conosco gli amici e di quelli non parlo.

– Fila sempre verso l’est la zattera?

– Dritta alla baia. Vasco la guida.

– Siamo lontani ancora?

– Sì, ma il vento ci porta.

– Riuscirai?

– Riuscirò e sarò re ancora.

– Ed io sarò tua, – rispose ella con un sospiro.

– Grazie, figlia del sole, ti farò felice!

Seghira chinò il capo sul seno e stette alcuni istanti immobile, poi si allontanò a lenti passi e si ritirò sotto la piccola tenda.

Colà, non senza sorpresa, trovò due scatole di conserve alimentari e parecchi biscotti. Un sorriso sdegnoso le sfiorò le labbra.

– Kardec è diventato anche ladro, – mormorò.

Respinse col piede quell’offerta e si sdraiò sulla vela che le serviva da letto, nascondendo il capo fra le mani e ripetendo il nome di Alvaez, dell’infelice capitano che dormiva sotto le onde di quell’immenso Oceano, tra i fianchi squarciati dell’affondata Guadiana.

Il giorno seguente, la situazione dell’equipaggio non era punto cambiata, anzi stava per diventare orribile. La fame, questo nemico spietato dei naufraghi cominciava ad attenagliare gli stomachi di quei disgraziati, che da venti e più ore nulla di solido avevano inghiottito.

I loro volti avevano assunto un’espressione bestiale ed i loro occhi che brillavano per la febbre, si fissavano con ardente bramosia sulla piccola tenda di Seghira. L’antropofagia si manifestava in tutto il suo orrore in quegli uomini, che forse tutta la notte avevano sognato di gustare quelle delicate carni.