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capitolo xvii. - il deserto di neve 159


Quella pianura o meglio quel deserto di ghiaccio, era però affatto spopolato. Non si vedeva, su quella candida superficie, alcuna macchia oscura che indicasse la presenza di qualche foca o di qualsiasi altro animale. Solamente in aria volavano pochi Ænops aura, puzzolenti uccelli che cadendo vomitavano una tale quantità di sterco, da infettare l’aria per parecchio tempo.

— Ebbene, amici, cosa dite di questo viaggio? chiese Wilkye ai due velocipedisti.

— Che se non sopraggiungono disgrazie, noi vedremo ben presto il polo, disse Peruschi.

— Ed io dico che non ho mai viaggiato così comodamente, disse Blunt. Un viaggio di tremila miglia sui ghiacci!.... Tenterebbe molte persone, signor Wilkye.

— Lo credo, Blunt.

— C’è una cosa però che infastidisce, disse Peruschi. Il riflesso di questo sole accieca.

— Può produrre anche delle dolorose oftalmie, ma ho portato con me un ottimo rimedio. Aprite le borse appese ai vostri sedili e troverete parecchie paia di occhiali affumicati.

— È vero, rispose Blunt, ma vedo qui anche degli altri oggetti. Ecco qua un bicchiere, delle forchette e dei cucchiai di corno.

— Sono necessari, Blunt: il vetro ed il metallo sono pericolosi nelle regioni polari.

— E perchè?......

— Perchè quando il freddo scende a 40° o 50° gradi, non potete accostare un bicchiere di vetro alla bocca, senza lasciarvi attaccata la pelle delle labbra, e non potete adoperare nè un cucchiaio, nè una forchetta senza riportare delle lesioni che sembrano bruciature. Tutti gli esploratori l’hanno avvertito!