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Parente, appo la quale buon numero di Cavalieri e Donne, sì della Città che forestieri venuti, fu dalla Padrona di casa posta a tavolino con un Gentiluomo detto per nome Conrado, assai giovane, ma altrettanto avveduto, di nazione Italiano. Il perché lungamente con lui giuocando, come che di buona somma di danajo la borsa di Sofia patisse disagio, non per questo, dal costume del Paese incoraggita, che gli Uomini dalle Donne vincendo, tolga il Cielo che nulla in saccoccia giammai ponessero, dava molto o poco a beccar all’umore, anzi più gaja che mai si dimostrava, che a vederla così rugosa parea la Marfisa bizzarra. Quindi Conrado il vincitore, mentre fra sé la vivacità dello spirito coll’antichità del volto esaminando giva, che che in cuor si sentisse, Messer Domenedio vel dica. Ma alla per fine giunti all’ultimo giuoco, Conrado quasi ristucco di starsi più con Lei, tutta la vinta somma tirato a sé la pose in saccoccia, ed accomiatatosi gentilmente, via andonne. E Sofia intanto, cui quella usanza non garbava, trattasi in disparte incominciò di dar foco alla bombarda forte voltando le punte a Conrado e dicendo ch’Egli non sapea cica di creanza, che colle Donne sue pari non si vuol far di queste, e che tanti capelli già non pensava sé in testa avere, quante fiate ben erale d’avviso avere con questo e quello a suoi dì giuocato e perduto, né mai alcuno essere stato sì indiscretto d’avere né anco un

danajo