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per attendere le promesse, che fatte ora v’abbiamo». Allora Jefte pose in ordine la sua masnada, e prese cammino alla testa di essa verso gl’Israeliti, i quali tutti festevoli l’accolsero, e ad una voce lo esclamarono loro Giudice e Capitano.

Salito di questo grado, non volle in modo veruno marciare contro degli Ammoniti prima d’essere della cagione certo, per la quale da essi al suo popolo venisse intimata la guerra; imperché scelti alcuni anziani d’Israele, inviolli al Re di Ammone, affine ad esso ne la addimandassero. Andarono questi a fargliene ricerca, ed intesala si furono bentosto a Jefte di ritorno, il quale in udendo essere da quel Re il Popolo d’Israele di molti reati a torto accagionato, altro espediente non gli ebbe paruto buono che quello di prender l’armi contro esso; ripieno perciò dello spirito di fortezza e di prudenza, scorse tutto il paese oltre il Giordano, che dagli Israeliti era abitato, e ragunò un numeroso esercito, ove anche fece voto al Signore, quando conceduta gli avesse vittoria sopra gli Ammoniti, di sacrificargli in vittima la prima persona, che dalla sua casa ad incontrarlo uscita ne fosse; per la qual cosa il Sommo Iddio mosso dai suoi prieghi gliela concesse. Ma allora che Jefte vittorioso, qual mai altro duce stato fosse, dall’esercito circondato e dal suo Popolo, ricolmo di gioja il petto tra liete grida

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