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contemplazione, che quasi scordato si fosse dell’esistenza.

Ciò ch’io dico rispetto alle lettere, che all’impero appartengono dell’immaginazione, è applicabile pressochè interamente alle scienze severe, che sono frutto, ed alimento della ragione calcolatrice. Se quelle hanno de’ vantaggj sovra di queste, per l’amenità di cui sono sparsi li loro studj, non lasciano queste di compensare largamente i loro discepoli co’ piaceri, che risultano, e dall’idea della superata difficoltà, e più ancora dalla certezza di un costante avvanzamento nello studio intrapreso; mentre le prime amano sotto tale riguardo di lasciare i loro alunni nel dubbio, e nell’oscurità.

Eccoti, o figlio, adombrata l’idea di quella felicità, di cui possono esser sorgenti gli ambiziosi bisogni, quando a retto fine sieno rivolti. Ma, ti ripeto, va guardingo nell’ascoltarli, e bada spezialmente, che tu non prenda in iscambio la vanità per l’ambizione. Quella snervata, e donnesca passione tu la ravviserai allo sciocco desiderio di far altrui credere di praticare delle virtù che non conosce, all’attribuirsi un merito che non possiede, all’invidia che la tormenta, alla gelosia che la perseguita, e finalmente all’esser paga dell’app-


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